venerdì 25 dicembre 2009

Auguri di Buon Natale

Felice Natale a tutti gli amici della foresta magica dalla loro cara amica.
Ninfa dei Boschi


venerdì 22 maggio 2009

Il Rospo che diventò Imperatore

Una bella leggenda cinese.


Tanto tempo fa viveva una coppia molto povera. Un figlio era in arrivo, quando l'uomo fu costretto a lasciare la sua casa per trovare qualcosa altrove con cui sopravvivere. Prima di partire, abbracciò stretta la moglie, le diede le ultime poche monete che gli erano rimaste e le disse:
«Quando il bambino sarà nato, sia maschio o femmina, dovrai fare tutto quello che potrai per allevarlo. Tu e io siamo tanto poveri che ormai per noi non c'è più speranza. Ma nostro figlio potrà aiutarci a trovare i mezzi di sostentamento».
Tre mesi dopo la partenza del marito, la donna partorì. Il bambino non era né un maschio né una femmina, ma un rospo!
La povera madre aveva il cuore spezzato e piangeva amaramente.
«Un animale!», si lamentava. «Un animale, non un bambino! Le nostre speranze di avere qualcuno che si prendesse cura della nostra vecchiaia se ne sono andate! Come potrò ancora guardare in faccia la gente?»
La prima cosa che le venne in mente fu di scappare lontano con il rospo, ma non ebbe il coraggio di farlo. Avrebbe voluto allevarlo, ma aveva paura di quello che avrebbe detto il marito.
Mentre meditava sulla faccenda, si ricordò le parole che il marito le aveva detto prima di partire e decise di non uccidere il figlio, ma di tenerlo sempre nascosto sotto il letto. In questa maniera nessuno avrebbe saputo che aveva messo al mondo un bambino-rospo. Ma nell'arco di due mesi il bambino-rospo era talmente cresciuto che non poteva più essere tenuto nascosto sotto il letto. E un giorno parlò all'improvviso con voce umana.
«Madre», disse, «mio padre stasera sta tornando. Vado ad aspettarlo lungo la strada».
Ed effettivamente il marito tornò a casa proprio quella sera.
«Hai visto tuo figlio?», gli chiese preoccupata la moglie.
«Dove? Dov'è mio figlio?»
«Ti stava aspettando lungo la strada. Non l'hai visto?»
«No! non ho visto anima viva», rispose stupito. «Tutto quello che ho visto è stato un orribile rospo che mi ha fatto venire i brividi».
«Quel rospo era tuo figlio», disse infelice la donna.
Quando l'uomo udì che la moglie aveva dato alla luce un rospo, ne fu molto rattristato, poi chiese:
«Perché gli hai detto di venirmi incontro?»
«Non penserai che gliel'abbia detto io? È venuto senza che gli dicessi niente. Improvvisamente ha detto che stasera stavi tornando ed è uscito per venirti incontro».
“Questo è davvero straordinario”, pensò l'uomo illuminandosi. “Nessuno sapeva che stavo arrivando. Lui come faceva a saperlo?”
«Fallo rientrare in casa, presto», disse ad alta voce. «Là fuori potrebbe prendere freddo».
Non appena la madre aprì la porta per obbedire, il rospo entrò e saltellò verso il padre, che gli chiese:
«Eri tu quello che ho incontrato sulla strada?»
«Sì», rispose il rospo. «Ero venuto ad aspettarti, padre».
«Come hai fatto a sapere che stavo tornando a casa stasera?»
«Io conosco tutte le cose che stanno sotto la volta del cielo».
Il padre e la madre restarono sbalorditi da queste parole e lo furono sempre di più man mano che il rospo proseguiva.
«Il nostro paese si trova in grande pericolo», dichiarò solennemente. «Non siamo in grado di resistere agli invasori. Padre, desidero che tu mi conduca dall'imperatore, perché devo salvare il nostro paese».
«E come pensi di farlo?», chiese il padre. «Prima di tutto non hai un cavallo. In secondo luogo non hai armi e, terzo, non sei mai stato su un campo di battaglia. Quindi come pensi di combattere?»
Il rospo era molto serio.
«Portami là», insistette. «Sconfiggerò il nemico, non temere».
Il padre non riuscì a dissuadere il rospo, per cui lo accompagnò in città a chiedere un’udienza con l'imperatore. Dopo un viaggio di due giorni, arrivarono alla capitale e videro affisso l'editto imperiale.
«La capitale dell'impero è in pericolo. Il mio paese è stato invaso. Darò in sposa mia figlia all'uomo che riuscirà ad allontanare il nemico».
Il rospo strappò l'editto e con un singulto lo ingoiò. Il soldato a guardia dell'editto fu molto spaventato. Non riusciva a immaginarsi un rospo che accettasse un incarico di tanta responsabilità. Tuttavia, dal momento che il rospo aveva ingoiato l'editto, doveva portarlo nel palazzo.
L'imperatore chiese al rospo se avesse i mezzi e la capacità per sconfiggere il nemico. Il rospo rispose:
«Sì, mio signore».
Allora l'imperatore gli chiese di quanti uomini e cavalli avesse bisogno.
«Non un solo uomo né un solo cavallo», rispose il rospo. «Tutto ciò che mi occorre è un mucchio di braci calde e incandescenti».
L'imperatore diede subito ordine che fosse portato un mucchio di braci calde e incandescenti, e così fu fatto. Il calore era intenso. Il rospo sedette davanti al fuoco divorando le fiamme un boccone alla volta per tre giorni e tre notti. Mangiò fino a quando il suo ventre fu così grande e rotondo da somigliare a una vescica piena di grasso. Ormai la città era in grave pericolo, perché il nemico era già arrivato alle mura. L'imperatore era terribilmente in pena, ma il rospo si comportava come se non stesse accadendo niente di insolito e continuava tranquillamente a inghiottire fuoco e fiamme. Solo dopo che fu trascorso il terzo giorno, si recò in cima alle mura della città e osservò la situazione. Qui, tutto intorno alla città, c'erano migliaia di soldati a piedi e a cavallo fin dove l'occhio riusciva ad arrivare.
«Allora, rospo, come pensi di allontanare il nemico?», chiese l'imperatore.
«Ordina alle tue truppe di smettere di tirare frecce», rispose il rospo, «e fai aprire il cancello della città».
L'imperatore impallidì per la paura udendo queste parole.
«Come! Con il nemico a un passo da noi, tu mi dici di far aprire il cancello! Come osi prenderti gioco di me?»
«Vostra altezza imperiale mi ha ordinato di allontanare il nemico», replicò il rospo. «E per farlo, bisogna che diate ascolto alle mie parole».
L'imperatore non poté fare altro. Ordinò ai soldati di smettere di tirare frecce e di abbassare gli archi e fece aprire il cancello.
Non appena il cancello fu aperto, gli invasori si riversarono attraverso di esso. Il rospo, che si trovava al di sopra di loro nella torre del cancello mentre lo stavano attraversando, con la massima calma sputò fuoco giù verso di loro, incenerendo innumerevoli uomini e cavalli. I nemici si diedero a una fuga disordinata.
L'imperatore era fuori di sé dalla gioia vedendo che il nemico era sconfitto. Nominò il rospo generale e ordinò che la vittoria fosse celebrata per molti giorni. Ma non disse nulla della principessa, poiché non aveva la minima intenzione di dare sua figlia in sposa a un rospo.
“Non posso certo fare una cosa simile!”, ripeteva tra sé. Fece sapere che era stata la principessa a rifiutare. Doveva farle sposare qualcuno, ma chi? Non sapeva che fare. Chiunque altro piuttosto che un rospo! Infine ordinò che il matrimonio sarebbe stato deciso con il lancio della Palla Ricamata.
Il lancio della Palla Ricamata! La notizia si diffuse immediatamente per tutto il paese e in capo a pochi giorni la città era in agitazione. Erano venuti uomini da vicino e da lontano per tentare la sorte, e tutti i generi di persone si affollavano nella capitale. Venne il giorno. Anche il rospo era presente, ma non si fece largo tra la calca, rimase al bordo della piazza affollata.
Era stato eretto un padiglione molto alto con ricchi e allegri addobbi. L'imperatore accompagnò la principessa e il suo seguito di dame ai loro seggi sulla parte più alta del palco.
Il momento giunse. La principessa lanciò in aria la palla ricamata che scese dolcemente verso il basso. La folla nella piazza ondeggiò ed emise un boato come un mare in burrasca. Tutte le mani insieme si stesero cercando di afferrare la palla. Il rospo inspirò profondamente e, come un vortice, risucchio la palla direttamente verso di lui.
Ormai era sicuro: la principessa avrebbe sposato il rospo! Ma l'imperatore ancora non voleva che ciò avvenisse.
«Una Palla Ricamata lanciata da una principessa», dichiarò, «può essere afferrata solo da una mano umana. Nessun animale può farlo».
Disse alla principessa di lanciare una seconda palla.
Questa volta fu un giovane forte e bello ad afferrarla.
«Ecco l'uomo!», esclamò felice l'imperatore. «Questi è colui che diventerà il mio imperiale genero».
Fu organizzata una sontuosa festa per celebrare l'avvenimento.
Ma riuscite a indovinare chi era il giovane forte e bello? Naturalmente! Era il rospo che ora aveva l'aspetto di un uomo e non si ritrasformò in rospo prima di avere sposato la principessa. Di giorno era un rospo, ma di notte si toglieva di dosso la pelle verde e si trasformava in un giovane bello e prestante.
La principessa non riuscì a tenere il segreto e un giorno lo rivelò all'imperatore suo padre. Questi ne fu sorpreso, ma contento e disse al genero: «Di notte ti liberi del tuo rivestimento esterno e diventi un giovane di bell'aspetto. Perché durante il giorno indossi questa orribile pelle da rospo?»
«Mio signore», rispose il rospo, «questo rivestimento esterno è preziosissimo. Se lo indosso d'inverno, sto caldo e comodo, e d'estate mi rinfresca e mi ripara dal caldo. È impenetrabile dal vento e dalla pioggia. Nemmeno la fiamma più ardente lo può incendiare. E per tutto il tempo in cui lo indosso, fossero pure migliaia di anni, non morirò».
«Fammelo provare!», ordinò l'imperatore.
«Ai vostri ordini, mio signore», rispose il rospo e si affrettò a togliersi la pelle.
L'imperatore sorrise contento. Si tolse gli abiti ricamati e indossò la pelle del rospo... ma non riuscì più a toglierla!
Il rospo indossò gli abiti imperiali e diventò imperatore. Il suocero invece rimase un rospo per sempre.
FINE

domenica 12 aprile 2009

Buona Pasqua

Una felice Pasqua a tutti dal mondo delle fiabe e delle leggende


mercoledì 1 aprile 2009

Pesce d'Aprile

domenica 15 marzo 2009

LA GROTTA DELL'EREMITA



tratta da una Leggenda giapponese

Molti anni or sono vivevano nel villaggio di Nomugi, nella provincia di Hida, un vecchio agricoltore di nome Jinnai e la moglie.
Avevano una figlia che adoravano di nome O Yuka . Disgraziatamente all'età di 7 anni la piccola
O Yuka le capitò qualcosa alla gamba che andò sempre peggiorando fino a quando l’arto si deformò.
O Yuka non provava dolore, ma i genitori erano molto preoccupati i dottori, le medicine e i consigli di molti amici non giovarono alla gamba della piccola.
“Quanto sarà dura per lei in futuro”, pensavano la mamma e il papà. “Già ora per lei è difficile avere una gamba deforme quando gioca con gli altri bambini”.
Non essendoci modo di aiutarla, O Yuka e i genitori erano costretti a fare del loro meglio. In ogni caso O Yuka non era l’unica persona che si stava ammalando nel villaggio, si erano verificati altri casi. Uno dei compagni di gioco di O Yuka, Tarako, era nato cieco e un altro, Rinkichi, era così sordo che poteva tenere l’orecchio attaccato alla campana del tempio mentre gli altri bambini la facevano suonare e non udiva il suono malgrado sentisse la vibrazione.
I genitori della bambina con il passare del tempo cominciarono a rassegnarsi, tanto più che la bambina giocava spensierata e sembrava perfettamente felice.
Il villaggio di Nomugi si trovava ai piedi della grande montagna Norikuradake, alta più di 3000 metri, in un territorio selvaggio di origine vulcanica.
Ogni giorno molti bambini di Nomugi avevano l’abitudine di andare a giocare sugli argini erbosi di una diga all’estremità del villaggio. Gettavano sassi nell’acqua, pescavano, andavano in barca e raccoglievano fiori e si fermavano lì dalla mattina alla sera portandosi del riso da mangiare.
Un giorno, mentre giocavano furono sorpresi da un vecchio con una lunga barba bianca che si avvicinò a loro. Proveniva dalla direzione della montagna. Tutti smisero di giocare per guardarlo. Il vecchio arrivò in mezzo a loro e, dando loro dei buffetti sulla testa, diventò presto loro amico. Saputo della gamba malata di O Yuka, chiese alla piccola come mai i suoi genitori non avevano provato a curarla.
La piccola O Yuka rispose che lo avevano fatto, ma non erano riusciti a ottenere nulla. Il vecchio la fece sdraiare sull’erba e cominciò a manipolare la gamba, tirandola da una parte e dall’altra e a frizionarla con una medicina rossa che aveva estratto da un astuccio. Poi il vecchio lavorò su Tarako, il ragazzo cieco, e su Rinkichi, quello sordo.
«E ora, bambini», disse, «voi tutti amate i vostri papa e le vostre mamme, e per loro sarà una grande gioia vedere che siete guariti dai vostri mali. Adesso non state ancora bene, ma se farete quello che vi dico, sarete guariti in tre o quattro giorni, non di più. Non dovete dire a nessuno che mi avete visto fino a quando vi dirò io che potete farlo, dopo che sarete guariti. Domani verrete a trovarmi alla roccia piatta sotto la caverna sul monte Norikuradake. Conoscete il posto. Bene, arrivederci a domani e se vedrò che avete fatto come vi ho detto, vi farò divertire mostrandovi alcuni strani trucchi».
Poi si avviò lentamente nella direzione da cui era arrivato.
I bambini continuarono a giocare pensando: “Che vecchio simpatico!” E, strano a dirsi, O Yuka, camminando verso casa, sentiva che la gamba funzionava meglio.
Ai bambini giapponesi si presta pochissima attenzione. Sono quasi sempre buoni e beneducati, dei veri piccoli adulti, e così mangiarono la loro cena e andarono a dormire senza raccontare nulla dei divertimenti della giornata o dello strano vecchio.
Il giorno dopo si recarono alla roccia piatta. Dato che il tempo era piovoso, si erano avviati tardi. ma trovarono lo stesso il vecchio che, pur non avendo tempo di giocare con loro e di mostrare i trucchi che aveva promesso, si occupò comunque della gamba di Yuka e del ragazzo sordo e di quello cieco.
«Adesso andate a casa», disse, «e tornate qui domani. Intanto che arriverete a casa, la gamba di Yuka sarà guarita, Tarako potrà vedere e Rinkichi potrà sentire, e sono sicuro che i vostri genitori saranno felici. Domani, se fa bel tempo, venite più presto, e vi divertirete moltissimo».
Ancora prima che arrivassero a casa, tutto quello che aveva detto il vecchio si avverò. I tre bambini erano guariti. La gente del villaggio e i genitori furono tutti felici, ma restava un mistero come il vecchio ci fosse riuscito.
«Se fa ritorno alle montagne come dicono i bambini, deve vivere nella caverna», disse uno. «Deve essere un Sennin», disse un altro. «Si racconta che il più famoso dei sacerdoti, Kukai-Shonin, che fondò il sacro tempio sul monte Koyasan, nella provincia di Kii, era capace di praticare ai bambini queste cure miracolose», aggiunse un altro.
Ma nonostante tutte le chiacchiere e le supposizioni, nessuno fu capace di spiegare come fosse possibile dare la vista a un ragazzo che era nato cieco. Alla fine uno suggerì che il giorno dopo due o tre seguissero segretamente i bambini: stando nascosti avrebbero potuto vedere cosa succedeva. Questo piano fu considerato ottimo e accettato.
Il mattino dopo una trentina di bambini si misero in cammino alle prime luci dell’alba, seguiti senza che lo sapessero da due uomini del villaggio.
Quando i bambini arrivarono alla roccia piatta trovarono il vecchio seduto a una delle estremità. I due uomini che li avevano seguiti si nascosero dietro alcuni bei cespugli di azalea.
Non appena il vecchio vide i bambini, si alzò in piedi, quindi si avvicinò e chiese ai tre che aveva curato come si sentivano e se i genitori erano stati contenti. Tarako era forse il più felice dei tre, perché prima di allora non aveva mai visto il mondo e nemmeno i suoi genitori.
«E adesso, bambini, voi siete venuti qui a trovarmi, e io vi farò divertire!»
Così dicendo il vecchio prese dei rametti secchi e, soffiando alle loro estremità, li fece diventare rami di ciliegio fioriti, fiori di pruno e di pesco, e offrì un ramo a ciascuna ragazza. Poi prese una pietra, la lanciò in aria e... hop! la pietra si trasformò in una colomba. Un’altra diventò un falco o qualunque altro uccello di cui un ragazzo pronunciasse il nome.
«E ora», disse il vecchio, «vi mostrerò degli animali che vi faranno ridere».
Pronunciò alcune formule magiche e delle scimmie saltarono sulla roccia piatta e cominciarono a lottare tra loro. I bambini applaudirono deliziati. Ma uno dei due uomini esclamò meravigliato:
«Chi sarà mai questo mago? Solo un mago può fare certe cose!»
Il venerabile vecchio lo udì e, guardandosi prudentemente intorno, disse:
«Bambini, per oggi non posso più eseguire dei trucchi. La mia magia se n’è andata. Torno a casa, ed è meglio che voi torniate a casa vostra. Addio».
Così dicendo, il vecchio s’inchinò davanti a loro e prese la via della montagna dirigendosi verso la caverna.
I due uomini uscirono dal nascondiglio e, insieme ai bambini, cercarono di seguirlo. Malgrado l’età avanzata il vecchio era più agile di loro sulle rocce, ma tuttavia arrivarono abbastanza avanti per vederlo entrare nella caverna. Pochi minuti dopo la raggiunsero e si piegarono per guardare. L’entrata era circondata da fiori profumati, ma non ebbero il coraggio di avventurarsi in quelle oscure profondità.
Improvvisamente O Yuka indicò verso l’alto gridando:
«C’è il vecchio!»
Tutti guardarono in su: in piedi su una nuvola c’era il vecchio, proprio sopra la cima della montagna.
«Adesso è tutto chiaro!» esclamò uno degli uomini, «È il famoso eremita del monte Norikuradake».
S’inchinarono profondamente e tornarono a casa per riferire alla gente del villaggio ciò che avevano visto.
Raccolsero dei soldi tra la popolazione e costruirono un piccolo tempio all’interno della caverna che chiamarono “Tempio Sendokutsu”, che significa “Il tempio del Sennin”.


Fine....

martedì 10 marzo 2009

Cuccioli

venerdì 27 febbraio 2009

FantasyLife Dragon Story

domenica 22 febbraio 2009

Perchè cani e gatti sono nemici



Tratto da una vecchia leggenda:

Moltissimo tempo fa cani e gatti vivevano insieme in perfetta amicizia.
Un giorno sia i cani che i gatti furono chiamati a presentarsi davanti alla divinità del loro villaggio.
La divinità si rivolse a loro dicendo:
“Vedete quella piccola isola laggiù nel mare, è molto speciale, è vi sepolto un tesoro. Prometto a chi di voi mi porterà il tesoro sull'isola avrà una vita fra gli agi e ricchezze”.
Sia il cane e il gatto avevano ascoltato con attenzione le parole della divinità e si avviarono veloci verso l’isola.
Quella impresa risultò a già subito difficile per il gatto, poiché come tutti sanno, i gatti non amano molto l'elemento “liquido” e non sanno neanche nuotare a differenza del cane che si trovava molto a suo agio in acqua , infatti riuscì ad attraversare il mare che lo separava dall’isola del tesoro velocemente, presto trovò il tesoro e subito fece ritorno al suo villaggio.
Poiché era un cane di piccola taglia e la distanza da percorrere a nuoto era lunga.,quando arrivò sulla spiaggia del suo paese natale, il cane, era così stremato che decise di sdraiarsi sulla morbida sabbia corallina e di farsi un sonnellino.
Intanto il gatto non sapendo nuotare, si era nascosto e aveva visto tutto quello che aveva fatto il cane.
Si avvicinò silenziosamente sulle zampe felpate appena il cane si addormentò e pian piano gli sfilò il tesoro da sotto il corpo, poi.
corse subito dalla divinità e gli consegnò il il tesoro che aveva appena rubato.
La divinità non ebbe il minimo sospetto sul modo in cui il gatto avesse ottenuto il tesoro e facendogli i complimenti per l'impresa lo lodò dicendogli:
«Ottimo lavoro, gattino! Ti sei meritato la ricompensa che ho promesso. D’ora in poi vivrai tra le comodità insieme agli uomini nelle loro case e dormirai su morbide stuoie!»
La divinità aveva appena finito di parlare, quando comparve il cane che oramai non aveva più un tesoro da portargli, e guardandolo la divinità, credendo che fosse stato indolente, disse al cane :
“Tu, cane, d’ora in avanti vivrai all’aperto, in preda agli elementi e ti nutrirai di immondizie!.
Ed è per questo che i gatti vivono comodamente insieme agli uomini, mentre i cani devono stare fuori casa e sopportare il vento e le intemperie.
A partire da quell’antico episodio i cani e i gatti sono diventati nemici e non si sopportano più.


Fine....

sabato 21 febbraio 2009

Carnevale


Il carnevale è una festa che si celebra in molti paesi.
Tradizionalmente nei paesi cattolici, il Carnevale ha inizio con la prima domenica delle sette che precedono la Settimana Santa e finisce il martedì precedente il mercoledì delle Ceneri che segna l'inizio della Quaresima.
La durata è perciò di due settimane e due giorni. Il momento culminante si ha da giovedì grasso fino al martedì, ultimo giorno di Carnevale “il martedì grasso”.
Questo periodo, essendo collegato con la Pasqua , non ha ricorrenza annuale fissa ma variabile.
Per la Chiesa Cattolica il Carnevale viene visto come un momento per riflettere e riconciliarsi con Dio.
I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare l'elemento più distintivo del carnevale è la tradizione del mascheramento.
Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche che, erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento degli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza.

domenica 15 febbraio 2009

Auguri alla folletta Gio- Gio



Cari amici oggi facciamo gli auguri alla folletta Gio-Gio che compie ben 440 anni.
Gio- Gio verrà presto a trovari per raccontare alcune favole sugli gnomi ed in particolare su tutti i dispetti che ama fare un suo carissimo amico lo gnomo chiamato "Vento"
Tanti auguroni da parte di tutti:-)

venerdì 16 gennaio 2009

Il Ranocchio Giacomino




Il Ranocchio Giacomino, stava tranquillamente gracidando sulla sua foglia preferita, ai bordi dello Stagno Fatato, quando all'improvviso fu distolto da uno strano rumore proveniente all'interno della Palude Nera.
Curioso di natura, decise di andare a vedere che cosa era successo, iniziò a saltare da una pietra all'altra fino ad addentrarsi nella Palude Nera.
Arrivò ben presto sul luogo dove aveva sentito il rumore, ma non vide nulla, allora si avvicinò ancora di più, e guardando meglio vide sopra una pietra una bellissima Anfora Dorata.
Ma come era finito quell'Anfora in questo luogo?, si chiese il Ranocchio Giacomino, e chi poteva averla persa?





Timoroso ma con decisione prese l'Anfora Dorata e la portò nel suo Stagno Fatato.
Appena arrivato allo Stagno prese una bella foglia e la cucì vicino alla sua foglia preferita,vi pose l'Anfora Dorata e tranquillamente riprese felicemente a gracidare.




Al''imbrunire accade una cosa molto strana, il Ranocchio Giacomino stava felicemente gracidando quando all'improvviso l'Anfora Dorata si illuminò e apparve una moneta d'oro.
Questo avvenimento accade al tramonto per tutti gli altri giorni a seguire.

Dopo alcuni giorni però il Ranocchio Giacomino, aveva già un bel sacchetto pieno di monete d'oro, ma non sapeva cosa farne, lui aveva tutto quello che gli necessitava, un bellissimo Stagno Fatato, la sua foglia preferita sulla quale gracidava per ore, cosa poteva farsene di monete d'oro???

Ci pensò a lungo e prese una decisione, metterò una moneta dietro ogni capanna del villaggio degli gnomi, forse loro sapranno cosa farne e starò su un albero a vedere cosa succede.

Così fece, durante la notte saltò nel paese e mise una moneta d'oro dietro la porta di ogni capanna, giunto all'ultima capanna si era fatta quasi l'alba e il Ranocchio Giacomino saltò su di un albero per vedere la reazione degli abitanti del villaggio.
Man mano che le porte si aprivano, vedeva lo stupore sul volto degli gnomi nel trovare una moneta d'oro, erano tutti felici, li sentiva far progetti, molti parlavano che finalmente potevano comprare cibo per la famiglia, sementi per i raccolti e tutto quello che finora gli era stato proibito dalla povertà
Gli gnomi erano felici e questo rallegrò molto il Ranocchio Giacomino, stanco decise di ritornare al suo stagno per riposarsi.
Prese la decisione che avrebbe fatto la stessa cosa il mese prossimo. E così avvenne.

Ritornò infatti di notte dopo un mese con un altro sacchetto pieno di monete d'oro da distribuire agli gnomi ma quando giunse al villaggio, vide una cosa molto strana in centro alla piazza, c'era una grande statua raffigurante un Ranocchio, anzi era proprio lui il Ranocchio Giacomino con in mano un sacchetto pieno di monete d'oro.
Sotto la statua c'era una targa con su scritto:”Grazie Ranocchio Giacomino, sappiamo che sei stato tu a portarci le monete d'oro perché quella notte un piccolo gnomo stava guardando fuori dalla finestra e ti ha riconosciuto”
Questo fece molto felice il Ranocchio Giacomino che continuò per anni ad aiutare il villaggio degli gnomi senza mai chiedere nulla in cambio



Fine...

mercoledì 14 gennaio 2009

FELICITA'






Volar libero nel cielo azzurro,
veder la natura con gli occhi
di un bimbo che scopre ogni giorno
qualcosa di nuovo,
raccogliere un fiore di campo,
vedere un alba che nasce,
i primi passi sulla luna,
sorridere un una persona importante
per te.
Cosa può renderti più felice, pensaci????

martedì 13 gennaio 2009

Balio e la Regina della Miniera di Carbone (seconda parte)






Un giovane ragazzo gli si avvicinò con molto timore e gli disse:”ciao sono Paul, eccoti un una picozza e un secchio, saranno i tuoi strumenti di lavoro finché sarai qui, si lavora tutto il giorno in miniera, come pranzo e cena avrai solo del pane e un bicchiere di acqua”.
Balio restò per un attimo perplesso non tanto da quello che gli stava dicendo il ragazzino quanto al fatto che era tutto sporco di polvere e molto denutrito, un aspetto diverso da quello che finora aveva visto in altri ragazzi.
:”Grazie Paul” ,rispose Balio:” per il tuo benvenuto, ma non resterò molto qui , troverò una via di fuga, nulla mi spaventa neanche questa tetra miniera”.
-”Lo spero per te “-rispose Paul,” mai nessuno è mai riuscito ad uscire da questa miniera, e la stessa Regina che decide quando potrai ritornare a casa”.
“Ops!”- “Ho qui anche un messaggio per te da parte della Regina della Miniera di Carbone, ciao Balio a domani mattina”.
Balio aprì il messaggio :” sei stato mandato qui proprio per la tua cattiveria e finchè non diverrai responsabile delle tue azioni, non tornerai più a casa”.
Nella miniera di carbone oltre Balio, ci lavoravano altri 8 gnomi più piccoli di lui.
Passarono alcuni mesi, e pian piano dopo i vari tentativi di fuga non riusciti, il giovane Balio iniziò a cambiare atteggiamento, cominciò a provare affetto per gli altri ragazzi, li sentiva come suoi fratelli e il più delle volte li aiutava nel loro lavoro.
Dopo un anno Balio iniziò a lavorare in miniera in modo esemplare, si era abituato al lavoro duro, alla compagnia degli altri ragazzi anche se gli mancava molto l'affetto dei suoi anziani genitori , pensava a loro tutte le notti e il grande dispiacere che gli aveva dato in questi anni.
Una Domenica mattina la Regina della Miniera di Carbone al compimento del suo 16mo anno, mandò a chiamare Balio dicendogli che in tutto questo tempo era diventato una persona responsabile e che finalmente lo avrebbe rimandato a casa dai suoi genitori.
Ma, Balio non accetto anzi disse alla Regina che era contento di ritornare a casa dai suoi vecchi genitori ma allo stesso tempo era dispiaciuto di lasciare i ragazzi della miniera,non riuscivano a lavorare senza il suo aiuto.
La Regina della Miniera di Carbone allora gli disse che casa era intenzionato a fare per quei ragazzi.
Balio ci pensò un attimo poi rispose:” Regina della Miniera di Carbone , libera me e quei ragazzi, diventeranno i miei fratelli e lavorerò la terra dei miei genitori per farli crescere in modo corretto e responsabile.
Bravo Balio, sei proprio cambiato tornerai a casa dai tuoi genitori con i tuoi nuovi fratelli.

Balio e la Regina della Miniera di Carbone (prima parte)



In un piccolo villaggio di contadini viveva una povera famiglia di gnomi.
Dopo moltissimi anni, finalmente nacque il loro primo e unico figlio Balio.
Sarebbe stata le gioia dei vecchi genitori se, con il crescere, il piccolo gnomo si dimostrò essere un essere cattivo, perfido e testardo.
Combinava moltissimi dispetti sia ai compagni di scuola che agli stessi insegnati, veniva regolarmente sospeso dalle lezioni per intere settimane.
Una mattina, alla lezioni di magia aveva preparato un intrugli per far saltare l'intera scuola solo per puro divertimento.
Non aveva amici e non riusciva neanche ad aiutare i suoi genitore anziani che a stento riuscivano a coltivare la terra per sfamarlo.
Tutte le sere prima di addormentarsi la povera mamma gli ripeteva di cambiare atteggiamento e di rispettare gli altri altrimenti al compimento del suo 15mo anno la Regina della Miniera di Carbone lo avrebbe rapito e fatto lavorare sotto terra finché non si sarebbe pentito delle cattiverie che faceva subire agli altri.
Passarono gli anno, ma il carattere impetuoso del giovane gnomo non mutava.
Al compimento del suo 15 compleanno, Balio stava ritornando a casa dopo la scuola, e mentre camminava stava già formulando il suo prossimo dispetto , non riusciva proprio a farne a meno di essere cattivo con tutti.
All' improvviso nel bosco, gli si avvicinò una vecchia che le chiese se poteva fargli il favore di potarle il sacco di frutta che aveva sulle spalle fino a casa sua poiché lei era molto stanca e non riusciva più a portarlo.
Con molta felicità Balio disse alla vecchina che sarebbe stato contento di aiutarla, ma nel momento che la vecchina gli consegnò il sacco, Balio lo buttò giù da un dirupo.
Bella azione hai fatto ragazzo, disse la donna, tu non tieni molto conto delle difficoltà che devono sopportare le persone per poter vivere, pensi che la vita sia solo un divertimento e sarai punito per tale azione.
All'improvviso si alzò il vento e come risucchiato in un turbine Balio fu trasportato all'interno di un cratere, sempre più in fondo, dove ormai la luce non filtrava più e solo il forte odore di carbone impregnava l'aria.
“Non poteva crederci allora la miniera di carbone esisteva, non era una storiella che raccontava la sua mamma per tenerlo tranquillo”, iniziò a pensare Balio.
Tutto intorno era buio, umido e freddo, la fioca luce che si vedeva sulle pareti erano fatta delle piccole torce accese.

Fine prima parte...

domenica 11 gennaio 2009

Gennaio




In questo mese dell'anno, tutta la foresta viene coperta da una soffice coperta di neve.
Dai comignoli soffici nuvole di fumo volano fino a raggiungere l'atmosfera.
Dietro ogni albero però gnomi e folletti si preparano a raccogliere legna e pigne da portare a casa mentre le donne, preparano enormi pentoloni di buona cioccolata calda da bere tutti insieme prima di andare a dormire.

giovedì 8 gennaio 2009

Buon Anno



Ciao a tutti da due piccole fatine.....

domenica 4 gennaio 2009

Loch Ness


Loch Ness è il nome di un lago d'acqua dolce dalle acque profonde che si trova nelle Highlands scozzesi. In Scozia lago viene chiamato Loch . Molti lo conoscono per gli avvistamenti del famoso "Nessie", ovvero il mostro di Loch Ness.
Si presume che il primo che avvistò il mostro fu un monaco irlandese nell'anno 590, il quale riuscì ad allontanare il mostro marino dopo che aveva ucciso un abitante del villaggio solo usando delle preghiere.
Molte altre persone sostengono di aver visto "Nessie", ma la scoperta più recente risale al
26/05/ 2007 ad opera di Gordon Holmes, un tecnico di laboratorio che ha filmato una sagoma nuotare nel lago. Si sono susseguite varie teorie su "Nessie"con il passare degli anni.

Molti sostengono che Nessie sia un Plesiosauro che per sopravvivere dall' estinzione si nascose sotto il mare durante l'ascesa della meteora, e sarebbe restato nell'acqua per vari milioni di anni per ritrovarsi nella sua attuale dimora, il profondo lago scozzese di Loch Ness.

Nota importante è che Nessie, non riuscendo a trovare cibo a causa della scarsa presenza di pesci nel lago, lo cerca nell'oceanto, infatti attraverso gallerie sommerse riesce a spostarsi dal lago all'oceano e viceversa.

Alcune persone affermano che " Nessie" ama cacciare anche sulla terraferma e si porta la preda in acqua , evidenziano che a differenza di quanto dicono altri, Nessie non si ciba solo di pesce.

Il suo corpo presenta delle pinne che ci indicano che "Nessie "è un animale marino, quindi sono tutti concordi che ha bisogno di ritornare almeno periodicamente in acqua.

Su " Nessie " è stato anche realizzato un bel film dal titolo "Water Horse - La Leggenda degli Abissi".